When continui a trascrivere e decidi di specificare “morosa”.
Lo so. Sarà uno scritto ad uso e consumo del Nord, per alcuni sarà inutile questa precisazione, ma OH:
1. sono sicula;
2. voglio provare l’ebbrezza dell’antropologo che annota tutto, come facevano quegli etnologi di fine ‘800 che, entrando in contatto con i popoli extra-occidentali, scrivevano monografie zeppe di note.
(ps: se qualcun* del Nord si sente di aggiungere altro, magari sull’etimologia, è ben accett*!)
Let me know if I’ve got a chance of ever finding true romance. Let me know how long I’ll wait to meet the guy who’ll share my fate
Masculin, féminin (1966) Jean-Luc Godard
Ve lo premetto: oggi oscillo tra essere una logorroica e una pazzoide militante. Nah. In realtà dovrei scrivere quel paper di antropologia del patrimonio, ma ho zero sbatti.
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Se esiste il dottore della mente o del cuore, mi chiedo perché non dovrebbe esistere un dottore della cultura.
[Informazioni di contesto] Stamani mi girava in testa una metafora, l’antropologo come dottore. Il dottore cosa fa? Ascolta i mali dei pazienti, ne individua le cause e successivamente propone percorsi di cura. L’antropologo sta in contatto con le persone, ragiona insieme e si rende conto che la società iscrive problemi e contraddizioni. Il suo lavoro consiste nell’analizzare e indagare i fenomeni sociali, portandoli all’attenzione. Nel momento in cui fa questo: è come se si realizzasse una cura. Nel senso che, quando si parla dei problemi e del male, si dà una forma e si può pensare di disciplinarli. Ovviamente questa è una interpretazione personale della mission antropologica.
Nel lavoro antropologico c’è però un dato oggettivo, cioè la tendenza a scomporre e capire come agiscono e vengono utilizzati i costrutti sociali. Per cui da queste basi nasce la mia attitudine a guardare, e guardarmi, critica-mente.
[Fenomeno da studiare] Ad esempio, nel mio contesto culturale e sociale rintraccio l’idea di creare legami stabili e duraturi, dei veri e propri “porti sicuri”. Cresci con la convinzione della stabilità affettiva o sentimentale. Sul piano del reale poi finisci per capire che quella posizione è astratta, più un’esigenza culturale. Questo perché ti rendi conto che c’è mutevolezza. Le persone sono complesse, non lineari e specularmente lo sei anche tu. Ti ostini a seguire, inconsapevolmente, i dettami con cui sei cresciuto, ma il male non tarderà ad arrivare. Continui sempre a mettere al primo posto il costume sociale. Perché, come mai è così difficile prendere posizione verso quello in cui si crede?
[Proposte e percorsi] Io credo che le sofferenze che ci offre il nostro contesto sociale non devono essere solo ricercate nella politica, nell’economia, nel lavoro. Ci sono una serie di "violenze" nel campo del "come vivere i rapporti umani" che devono essere portate in evidenza... Insomma! Se ne deve parlare.
New word of the day “progressive rock”.
(anche se sinceramente in italiano suona meglio “rock progressivo”).
La volgarità non risiede soltanto nell’eccesso o nell’esplicito, ma vive anche nelle forme e nei dettagli.
Inspira
Qualcosa che non è mai esistito non può farti del male.
Espira
Qualcosa che non è mai esistito non può farti del male.
Di nuovo.
Comprendere vuol dire ridurre un tipo di realtà a un altro; che la realtà vera non è mai la più manifesta: e che la natura del vero traspare già nella cura che mette a nascondersi.
C. Lévi-Strauss, Tristi Tropici.
|Alzare gli occhi al cielo non è peccato|
Ascolto quotidianamente omelie e prediche sull'accettazione personale e sul dover raggiungere un equilibro tale da distaccarsi dagli ideali, reali e non, che la nostra società ci propone. Non posso constatare quanta superficialità nascondano queste litanie. Questi ragionamenti mi sembrano delle illusioni create per arginare sommariamente il problema. Nonostante l’individualismo onnipresente-> siamo individui immersi in un contesto sociale.
Secondo me non esisterà mai un sano discorso di ‘accettazione personale’, fino a quando non si inizierà a ragionare, operativa-mente, su come l'essere umano si confronta e si relaziona con la società e con i suoi simili. Solo quando si capirà come avviene o come viene vissuto lo scambio soggetto-mondo, forse si comprenderà come realizzare questa benedetta “accettazione personale”.
Per i contadini, lo Stato è più lontano del cielo, e più maligno, perché sta sempre dall'altra parte. Non importa quali siano le sue formule politiche, la sua struttura, i suoi programmi. I contadini non li capiscono, perché è un altro linguaggio dal loro, e non c'è davvero nessuna ragione perché li vogliano capire. La sola possibile difesa, contro lo Stato e contro la propaganda, è la rassegnazione, la stessa cupa rassegnazione, senza speranza di paradiso, che curva le loro schiene sotto i mali della natura.
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli
|| in-fretta-e-furia ||
Che poi... se si osserva con quella attenzione e con quel rigore scientifico: non esiste nessuna simmetria, non esiste nessun fanatismo delle e nelle forme. I rimandi esistono solo attraverso le ricomposizioni intenzionali, attraverso un meccanismo di separazione e ricostituzione del reale.
Si dovrebbe ricordare sempre che la natura, se vogliamo parlare in questi termini, sarà sempre unica per ragioni culturali, sociali e personali.