10 Giugno

10 giugno

ostinazioni & banalità

Perché è così difficile bloccare e far tacere il sordido meccanismo che si aziona nel momento in cui tutto sembrerebbe orientato a dedurre la “realtà”... ma che però nella realtà si verifica che il tutto è frutto di una proiezione mentale.

Davvero, a volte, ma solo in specifici casi, vorrei avere un super-power... per silenziare il complesso “giudicante” che affiora quando mi rapporto a circostanze che farebbero supporre cose su cose di altre cose.

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3 years ago

Ve lo premetto: oggi oscillo tra essere una logorroica e una pazzoide militante. Nah. In realtà dovrei scrivere quel paper di antropologia del patrimonio, ma ho zero sbatti.

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Se esiste il dottore della mente o del cuore, mi chiedo perché non dovrebbe esistere un dottore della cultura.

[Informazioni di contesto] Stamani mi girava in testa una metafora, l’antropologo come dottore. Il dottore cosa fa? Ascolta i mali dei pazienti, ne individua le cause e successivamente propone percorsi di cura. L’antropologo sta in contatto con le persone, ragiona insieme e si rende conto che la società iscrive problemi e contraddizioni. Il suo lavoro consiste nell’analizzare e indagare i fenomeni sociali, portandoli all’attenzione. Nel momento in cui fa questo: è come se si realizzasse una cura. Nel senso che, quando si parla dei problemi e del male, si dà una forma e si può pensare di disciplinarli. Ovviamente questa è una interpretazione personale della mission antropologica.

Nel lavoro antropologico c’è però un dato oggettivo, cioè la tendenza a scomporre e capire come agiscono e vengono utilizzati i costrutti sociali. Per cui da queste basi nasce la mia attitudine a guardare, e guardarmi, critica-mente.

[Fenomeno da studiare] Ad esempio, nel mio contesto culturale e sociale rintraccio l’idea di creare legami stabili e duraturi, dei veri e propri “porti sicuri”. Cresci con la convinzione della stabilità affettiva o sentimentale. Sul piano del reale poi finisci per capire che quella posizione è astratta, più un’esigenza culturale. Questo perché ti rendi conto che c’è mutevolezza. Le persone sono complesse, non lineari e specularmente lo sei anche tu. Ti ostini a seguire, inconsapevolmente, i dettami con cui sei cresciuto, ma il male non tarderà ad arrivare. Continui sempre a mettere al primo posto il costume sociale. Perché, come mai è così difficile prendere posizione verso quello in cui si crede?

[Proposte e percorsi] Io credo che le sofferenze che ci offre il nostro contesto sociale non devono essere solo ricercate nella politica, nell’economia, nel lavoro. Ci sono una serie di "violenze" nel campo del "come vivere i rapporti umani" che devono essere portate in evidenza... Insomma! Se ne deve parlare.

4 years ago

How to break the [culture]

Stamattina mi scoccia “vagare” tra le fonti bibliografiche per un argomento che devo approfondire... Allorché entro su tumblr e vengo intasata da immagini, che mi hanno fatta sentire come Alex, ne Arancia meccanica, quando era legato e con delle pinze che lo costringevano a tenere gli occhi aperti mentre gli scorrevano sotto gli occhi alcune scene. Questo provocava in lui dolore e disgusto.

Nel mio caso, sinceramente, non importa descriverle nel dettaglio, è invece d’obbligo andare alla sostanza. Quelle immagini, i temi rappresentati mi hanno indotta a pensare: perché non si possono demolire quelle rappresentazioni culturali? C’è un continuo “parcheggiarsi” negli stessi immaginari...

Ripenso alla lezione della mia prof. di francese su Apollinaire. Ho vividamente impresso il momento in cui indicava che i futuristi si impegnavano a propugnare:

“un’arte e un costume che avrebbero dovuto fare tabula rasa del passato e di ogni forma espressiva tradizionale” (ne Treccani, futurismo)

Sostenevano questo in quanto la società moderna, che si stava creando sotto i loro occhi, gli permetteva di immaginare un nuovo mondo...

Dove sta a questo punto lo stimolo per una re-immaginazione?

4 years ago

1.05.2021

Free your mind dal riduzionismo (culturale, scientifico, e... emotivo)

3 years ago

|| lagne e vicissitudini umane ||

Certe volte vorrei astenermi dal conoscere “cose di antropologia”, perché cado nell’errore di usare la mia formazione professionale per risolvere questioni che, forse, richiederebbero altri approcci e disposizioni. In queste volte vorrei sradicare e disintegrare le metodologie e gli apparati concettuali che sostanziano il pensiero perché possono trasformarsi in una minorazione e ostacolare il processo conoscitivo.

Mi chiedo a questo punto se non sia arrivato il tempo di riflettere sistematicamente sui limiti del mestiere dell’umanista.


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3 years ago

| Memorie dal campo(santo) |

Da quando nonno è andato via frequento più spesso il cimitero. Prima ero solita andarci solo per la ricorrenza istituzionale, nei primi di novembre.

| Memorie Dal Campo(santo) |
| Memorie Dal Campo(santo) |

A ventiquattro anni, mi approccio a questo luogo con una mentalità diversa. Da una parte qui riposano i miei antenati, gli amici di famiglia e le persone che non ho conosciuto, dall'altra sono occasioni per riflettere su tematiche di ordine antropologico e sociale.

La morte e il dolore sono due concetti centrali nello studio dell’uomo. Ad esempio, Michelangelo Giampaoli nel saggio Paris. Una capitale alle porte della città dei morti studia il Pèere-Lachaise di Parigi. Si tratta del cimitero più conosciuto e visitato al mondo, dove «quotidianamente entrano ed escono differenti flussi di persone, soprattutto turisti data la presenza di monumenti in onore di persone famose (2011)», per citare qualche nome Oscar Wilde, Édith Piaf, Jim Morrison. Nel cimitero sono presenti pratiche a scopo commemorativo che economico: «all’interno del Pére-Lachaise domina un sistema di economia informale che ruota attorno» a bar, ristoranti o a coloro che si propongono di fare da «guida» turistica per addentrarsi nelle vie del cimitero.

Giugendo a me. Nel piccolo cimitero di paese che frequento sicuramente non possono verificarsi queste condizioni, dato lo scarso numero di fequentatori. Ciò che invece rintraccio è il particolare legame che si instaura tra chi resta e chi se ne va. È un legame che nasce dalla frequentazione e dal sentimento empatico verso le sofferenze altrui. I vivi alimentano l’esistenza di una persona, seppur non sia più presente a livello fisico. Ho sperimentato anch'io questa condizione.

Nel corridoio che porta alla tomba dei miei nonni paterni, si trova una ragazza a cui mia madre faceva il doposcuola. Ho iniziato ad affezionarmi a lei e alla sua storia senza averla mai conosciuta, "instaurando" un ricordo-immagine di lei. Comprendo solo adesso quanto questo luogo sia sottovalutato...

«L’evento-morte, la presenza del cadavere non è soltanto distruzione e crisi del senso ma, per certi versi, è all’origine della costruzione del significato dell’esistenza (Favole, Lingi 2004)».

In questi luoghi i vivi danno continuità alle esistenze interrotte. I frequentatori puliscono, ordinano e impreziosiscono le lapidi, gli altari e nel frattempo parlano e intavolano discorsi tra di loro che tra chi “sta lì”, riattualizzando così le persone e le loro storie:

«Se da un lato il morire è un processo disgregativo ed entropico, che introduce caos e disordine […] dall'altro – mediante i significati simbolici che riceve secondo modalità transculturalmente specifiche – esso genera forme sofisticate di organizzazione, ordina luoghi, connota spazi, costruisce cosmologie, orienta comportamenti: riannoda fili di senso sulla natura stessa della vita (2004)».

Bibliografia

Favole A., Ligi G., 2004, L'antropologia e lo studio della morte: credenze, riti, luoghi, corpi, politiche.

Giampaoli M., 2011, Paris. Una capitale alle porte della città dei morti, in Antropologi in città (a cura di Stefano Allovio).


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3 years ago

"Diari'' di campo

"Diari'' Di Campo

Margaret Mead, Sto proprio bene e resisto al clima con lodevole coraggio.

"Diari'' Di Campo

Alfred Métraux, Scrivo queste righe sdraiato nel mio sacco e illuminato da una stenta candela

"Diari'' Di Campo

Claude Lévi-Strauss, Mi sembrò che i problemi che mi tormentavano potessero fornire materia per un lavoro teatrale.

"Diari'' Di Campo

Paul Rabinow, Il mondo era diviso in due: quelli che avevano fatto ricerca sul campo e quelli che non favevano fatta

3 years ago
C'hai Un Cervello Che Dipinge Di Nero Pure Il Latte. (Véronique Vendell, Sorella Di Isolina)
C'hai Un Cervello Che Dipinge Di Nero Pure Il Latte. (Véronique Vendell, Sorella Di Isolina)

C'hai un cervello che dipinge di nero pure il latte. (Véronique Vendell, sorella di Isolina)

C'hai Un Cervello Che Dipinge Di Nero Pure Il Latte. (Véronique Vendell, Sorella Di Isolina)
C'hai Un Cervello Che Dipinge Di Nero Pure Il Latte. (Véronique Vendell, Sorella Di Isolina)

Ho mandato in galera un bruto […] Di fronte alla verità, non guardo in faccia nessuno. E poi ti dirò un cosa che quando un uomo vive come vive. Insomma. È brutto dentro vuol dire che è brutto anche fuori. (Monica Vitti, Isolina Pantó)

~ La supertestimone, 1971.

3 years ago
appuntidicampo - appunti di campo
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Francesco Rosi, Cristo si è fermato a Eboli (1979)

Per i contadini, lo Stato è più lontano del cielo, e più maligno, perché sta sempre dall'altra parte. Non importa quali siano le sue formule politiche, la sua struttura, i suoi programmi. I contadini non li capiscono, perché è un altro linguaggio dal loro, e non c'è davvero nessuna ragione perché li vogliano capire. La sola possibile difesa, contro lo Stato e contro la propaganda, è la rassegnazione, la stessa cupa rassegnazione, senza speranza di paradiso, che curva le loro schiene sotto i mali della natura.

Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli

4 years ago

15.02.2021

Come si entra real-mente in relazione con l’altro, dal momento che le singole individualità possono rivelarsi “ingombranti” ai fini relazionali?

Perchè non ci sono momenti dedicati all’approfondimento della possibilità disastrosa dello star insieme?

Ad antropologia, mi insegnano:

la sospensione del giudizio,

le tecniche empatiche,

il relativismo,

l’approccio critico...

=> ma è tutto così astratto e poco sponteneo!

A volte, però, tralasciano che: è importante evidenziare anche la dimensione più istintiva ed emozionale, nata nell’incontro con l’altro!

Vorrei conoscere più studiosi e accademici come Malinowski, uno dei più celebri antropologi del ‘900, che nel suo diario di campo in Papua Nuova Guinea scriveva:

«Pensai al mio atteggiamento attuale verso il lavoro etnografico e verso gli      indigeni. Alla mia antipatia per loro, alla mia nostalgia per la civiltà»

 - tratto da Giornale di un antropologo, Bronislaw Malinowski, Armando Editore, 1992, p. 106.

Anche se il diario di Malinowski è stato pubblicato postumo: le sue annotazioni -  patrimonio dell’Unesco -  aprono riflessioni e spunti inediti...


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2 years ago

La riflessione che ci si aspetta da una LaUrEatA in antropologia

Ho trovato da sempre curioso e affascinate lo studio di tutto ciò che la convenzione sociale ha etichettato nei termini di superstizione, per intenderci gatti neri, astri, lettura dei tarocchi, etc.

Procedendo negli studi universitari ho incontrato che questi temi sono stati il cavallo di battaglia di molti esponenti dell'antropologia accademica (come Evans-Pritchard, se non sai chi è "MALISSIMO", ti sto togliendo la membership dal mio blog 😈).

Ora, prendiamo in considerazione la lettura dei tarocchi. La narrazione generale reprime e ridicolizza questa pratica, però si rintraccia un numero crescente di canali yt e tiktok profiles che si dedicano a produrre contenuti e questi hanno un largo seguito.

A questo punto, sarebbe interessante approfondire i seguenti aspetti:

🔮il/la "cartomante" crea un ipotetico scenario, parlando di "cose umane", donando informazioni; 🔮modella queste in base alle aspettative del ricevente; 🔮nel costruire gli scenari ipotetici (es. amore, successo, soldi), plasma l’emotività delle persone. Questa operazione è un po’ simile al ruolo che hanno le culture, nel creare identità e formare gli individui [mi riferisco al processo di antropopoiesi, la «costruzione dell’identità umana (Remotti)»]; 🔮all'interno di questo scenario la differenza la attua il singolo. In che misura? Ordina le informazioni ricevute collegandole al suo vissuto personale. Non c'è un interesse a cogliere la veridicità delle ipotesi proposte, bensì a trovarne una logica di riscontro, un’analogia con il suo vissuto personale; 🔮Infine, credo che, questa pratica debba essere inquadrata all’interno della continua ricerca di senso degli eventi quotidiani che “succedono” nelle singole esistenze: «gli esseri umani sentono il bisogno di trovare una causa a ciò che succede (Rumiati 2000)». Dato che i singoli non sempre riescono, da sole, a comprendere delegano ad altri la responsabilità di interpretare il corso degli eventi.

Bibliografia

Evans-Pritchard E., 1937, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande

Rumiati R., 2000, Decidere


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