Non ho più scritto da tempo qui, e non avrei più dovuto scriverci. Ma pensare con chi ero e come stavo un anno fa in questo periodo, e come sto ora, non può non far riflettere.
È passato un anno, oramai, dall'ultima volta che ti ho visto. 🥺
E sono passati sei mesi dall'ultima volta che ci siamo sentiti. 😔
Pensavo che, tagliando ogni possibile ponte con te , sarebbe stato più semplice farmela passare o che comunque potesse passare più in fretta. Ma non è stato così. A quanto pare servirà molto,molto tempo ancora. 💔
Ma in fondo era prevedibile, nessuna mi era entrata così a fondo nel cuore e nella testa come te, mai. E io che pensavo fossero cose che succedono solo nei film. 😳
Non so dove tu sia ora, o con chi sia, o cosa tu stia facendo, o quali progetti hai. Ma ti auguro, con tutto il cuore, di essere felice, e spero tanto che per te questo 2021 possa essere una anno straordinario. 🤗
Quanto a me, mi auguro solo di ritrovare la serenità, almeno quella. Per ora la felicità è decisamente fuori portata. 🌠
Un passo alla volta...🚶
01/01/2021
Non lo so, stasera mi sento abbastanza polemica. Al contempo sto cercando di “accendere” l’antropologa che c’è in me, per addolcire la riflessione con cui sto per stendervi.
Di cosa parliamo questa sera? Di sentimenti amorosi (ahi, come sono banale). Che cosa vi aspettate da una tipa cresciuta con la Disney? xoxo.
Procedo.
Mi sto chiedendo, da circa un’ora, perché nel nostro contesto culturale si cresce con l’idea che dobbiamo sperimentare e nutrire sentimenti d’amore tra noi umani? Più specificatamente, come mai si rintraccia l’esigenza di disciplinare le emozioni che scaturiscono dall’incontro con l’altro, per poi costruirci su qualcosa? Nello specifico:
incontro una persona a me sconosciuta;
per una serie di circostanze cattura la mia attenzione;
la frequento;
se le sue esigenze e i suoi bisogni sono in sintonia = siamo due rette perpendicolari e ci intersechiamo in un solo punto;
se, invece, le istanze sono diverse = siamo due rette parallele, cioè tali da non intersecarci in alcun punto.
Bene, abbozzato questo ragionamento in maniera così brutale che manco uno scienziato sociale positivista, continuo la mia analisi. Questo è quello che ci offre la nostra società: legami tra umani e tra sconosciuti che se si ritrovano copulano, se invece, non sono corrisposti soffrono e si martoriano manco fossero un martire cristiano del I secolo dopo Cristo.
Come mai, nella nostra società, esiste questo “ciclo”? Nel senso perché ci crescono con l’idea di amarci o di star male?
Per comprendere queste questioni, ritengo che sia importante adottare un approccio antropologico per far emergere ciò che molto spesso viene occultato quando si parla di amore.
Ci spingono a credere che l’amore sia qualcosa di spontaneo, ma c’è sempre un processo silenzioso di apprendimento culturale. Ad ogni livello e settore veniamo educati sin dalla nascita. Infatti, se qualcuno non si prendesse cura di noi, moriremo. Non credo che un bambino riuscirebbe a sostentarsi da solo. Di conseguenza l’amore, e tutto ciò che vi orbita intorno, esiste perché c’è un discorso culturale. È stato “qualcuno” che ci ha insegnato a vederlo in una determinata maniera, a essere colpiti da un’estetica; a vederla seguendo “gli opposti si attraggono”; a se “avete passioni in comune è prolifico”. Abbracciamo prospettive e assumiamo atteggiamenti senza saperlo. La cultura, il contesto familiare, le esperienze pregresse in coppia formano l’identità degli amanti.
Io vedo poco spazio nel quale possiamo muoverci liberamente. Gli ideali e l’ambiente ci plasmano. Forse una speranza e una prospettiva di studio diversa la riserbo a quelli incontri che si consumano a occhi chiusi dato che l’occhio scruta indaga registra interpreta... lascerei il resto ai sensi restanti. Chissà cosa succederebbe se ci innamorassimo ad occhi chiusi? Coglieremo forse finalmente l’essenza?
Questo quadro teorico finora proposto è incompleto, perché dovrei supportarlo da un’indagine qualitativa. Dovrei intervistare personalmente chi sperimenta queste dinamiche, per arricchire e sostenere i punti trattati…
Comunque, più studio antropologia e più sclero. Ah, e sto arrivando ad una considerazione: l’unica cosa spontanea del mio contesto culturale è la continua e onnipresente disciplinazione del reale.